Rapporti tra le imprese olearie e la GDO: le caratteristiche della contrattazione

Il funzionamento della catena alimentare, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della GDO, è oggetto di crescente attenzione, sia a livello europeo, sia a livello nazionale; infatti, la progressiva concentrazione del settore distributivo e la percezione dell’esistenza di relazioni verticali conflittuali tra la GDO e i fornitori ha sollevato preoccupazioni sulle possibili conseguenze negative sia sui consumatori finali, sia sull’efficienza dell’intera filiera alimentare. Tanto da condurre all’apertura di un’indagine conoscitiva da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM d’ora in poi), che si è conclusa con la pubblicazione del Rapporto “Indagine conoscitiva sul settore della GDO – IC43”, ad agosto 2013, nel quale sono approfonditi i temi del grado di concentrazione del settore della GDO, delle forme organizzative esistenti e del ruolo delle centrali d’acquisto e sono inoltre analizzate le relazioni con i fornitori.

Per approfondire le conoscenze su quest’ultimo argomento, l’ISMEA ha effettuato, in stretta collaborazione con l’AGCM, un’indagine diretta presso un campione di circa 320 imprese agroalimentari che intrattengono rapporti con la distribuzione moderna, attraverso la definizione di un questionario mirato a ricostruire le modalità con le quali la GDO si rapporta con le imprese alimentari fornitrici, in riferimento alle caratteristiche della contrattazione, alle principali voci degli sconti commerciali e dei contributi e alla loro incidenza, alle condizioni di vendita dei prodotti. Le risposte sono state fornite con riferimento al 2010.

A conclusione dell’indagine conoscitiva, l’Antitrust ha evidenziato un effettivo aumento del potere di mercato della GDO; infatti, sebbene il grado di concentrazione del settore a livello nazionale non risulti particolarmente elevato in confronto agli altri paesi europei, in alcuni mercati locali del Paese si riscontrano quote di mercato molto elevate. Inoltre, si devono considerare la diffusione di forme varie di aggregazione e soprattutto il ruolo delle sette centrali di acquisto, che, associando 21 catene distributive nel 2012, coprono quasi l’80% delle vendite complessive della GDO. Questo fenomeno desta le preoccupazioni dell’Autorità, in quanto tende a ridurre il grado di concorrenza tra catene e al contempo l’efficienza delle negoziazioni, introducendo doppi livelli di contrattazione con i fornitori. In questo senso, si evidenziano potenziali effetti negativi, sia sui consumatori finali, sia sui fornitori dei prodotti.

Per quanto riguarda le relazioni tra fornitori e distributori, inoltre, si è riscontrato un elevato grado di conflittualità dovuto a prassi negoziali lunghe e complesse. Spesso le condizioni contrattuali non sono del tutto definite a priori e sono modificate unilateralmente da parte dell’acquirente; un ruolo importante è giocato dal c.d. trade spending, cioè i compensi versati alla GDO come corrispettivo di servizi espositivi, promozionali e vari. Tali servizi, che comprendono le voci più varie, sono spesso percepiti dai fornitori come inadeguati rispetto ai compensi richiesti (detti “contributi”) e imposti dai distributori anche con rischio di ritorsioni, se non accettati. Questi contributi si vanno ad aggiungere agli sconti applicati dai fornitori sui prezzi dei prodotti acquistati dalla GDO.

Nel complesso, attraverso l’indagine campionaria si è stimato che gli sconti e i contributi incidono sul fatturato delle vendite alla GDO delle imprese alimentari per circa il 24%. Naturalmente, l’esito complessivo della negoziazione può differenziarsi in base alla tipologia di prodotti venduti dal fornitore e in funzione del suo potere contrattuale, che a sua volta dipende dalla dimensione dell’impresa, dalla forza dei suoi marchi e dal numero di catene servite. Per le imprese più grandi e con maggiore potere contrattuale, si riscontra complessivamente un’incidenza superiore degli sconti e dei contributi, che sono effettivamente utilizzati anche a vantaggio del produttore come leva di marketing nel punto vendita. Al contrario, i piccoli produttori nella maggior parte dei casi subiscono le condizioni contrattuali imposte dai distributori e sono in grado di sostenere percentuali più contenute di sconti e contributi rispetto al proprio fatturato di vendita nella GDO. In definitiva, le conclusioni dell’AGCM sono comunque che “la diffusa conflittualità riscontrata nella negoziazione GDO-fornitori appare idonea a ridurre l’efficienza complessiva delle filiera, incrementando i costi di transazione e i tempi della trattativa e ostacolando altresì l’instaurarsi di un proficuo rapporto di collaborazione tra le parti contraenti, orientato al soddisfacimento dei bisogni dei consumatori”1. Inoltre, “l’esercizio del buyer power può avere l’effetto di ridurre la capacità di competere dei fornitori contrattualmente più deboli, anche se efficienti, ai quali può essere limitata la capacità di programmare e finanziare adeguatamente le attività imprenditoriali, l’innovazione e gli investimenti sulla qualità dei prodotti”2. Si è rilevato, infatti, che la complessità della contrattazione è tale da rendere difficile ai fornitori il confronto e la valutazione delle condizioni economiche effettivamente applicate nelle negoziazioni e genera incertezza sul c.d. prezzo net-net, cioè il prezzo effettivamente pagato dalla catena per i prodotti venduti dal fornitore.

In questa pubblicazione si descrivono i risultati dell’indagine campionaria con particolare riferimento ai rapporti delle imprese del settore dell’olio d’oliva con la GDO, effettuando il confronto con i dati medi per l’intero campione delle imprese alimentari, ricalcando sostanzialmente l’analisi fatta nella pubblicazione dell’AGCM nella parte II, capitolo III.

Occorre premettere che nell’ambito del campione di imprese intervistate, quelle del comparto olivicolo-oleario risultano caratterizzate di un maggiore potere contrattuale e quindi un minore grado di dipendenza nei confronti della GDO, rispetto al campione totale; ciò, come si è detto, ha un impatto sull’esito delle negoziazioni e sull’incidenza degli sconti e dei contributi. Per l’indicatore del potere contrattuale sono discriminanti il fatturato realizzato, il numero di catene servite e la forza dei marchi aziendali: il 70% delle imprese olearie del campione dichiara, ad esempio, di raggiungere un fatturato maggiore ai 10 milioni di euro e di realizzare più della metà del proprio fatturato verso la GDO; l’85% delle imprese olearie serve più di 7 catene; infine, il 46% delle imprese olearie dichiara di mettere in commercio sia a livello nazionale che estero un marchio leader. Si tratta di percentuali ben superiori a quelle medie delle imprese alimentari. Pertanto, le imprese olearie presenti nel campione, essendo le principali leader di settore, possiedono un grado di dipendenza nei confronti della GDO molto basso. Diverso è il caso delle aziende che costituiscono l’intero campione di imprese alimentari, in buona parte composto da piccole e medie imprese e dove, per quasi il 30% di esse, si riscontra un elevato grado di dipendenza e quindi un basso potere contrattuale.

Per quanto riguarda le caratteristiche della contrattazione, rispetto alla durata e alla forma dei contratti (scritta o verbale), per le imprese del settore oleario la contrattazione risulta abbastanza “strutturata”. Secondo le imprese intervistate, il contratto che regola le condizioni generali di fornitura ha sempre durata annuale e viene sempre stipulato in forma scritta, mentre quello che regola il secondo livello di contrattazione solo nel 18% dei casi viene effettuato in forma verbale, contro il 32% del campione totale. Con riferimento al momento della stipula del contratto, esso viene stipulato antecedentemente al periodo di fornitura con maggiore frequenza nelle contrattazioni che riguardano le imprese olearie rispetto al campione totale. Queste differenze possono essere attribuite al maggiore potere contrattuale delle imprese olearie rispetto al campione totale.

Durante la contrattazione vengono stabilite le voci di sconto da applicare ai prezzi di listino proposti dalle aziende olearie. Quello maggiormente presente nelle contrattazioni è lo sconto incondizionato - cioè una riduzione di prezzo indipendente dal raggiungimento di uno specifico obiettivo: secondo il 92% delle imprese olearie tale voce è stata utilizzata in almeno uno dei contratti stipulati con la GDO nel 2010 e nel 67% dei casi è stato proposto dal distributore, oltre ad avere un’importanza rilevante dal punto di vista economico.

L’incidenza degli sconti concessi dalle imprese olearie sul fatturato di vendita è piuttosto elevata; essa in media è pari a circa il 21% e risulta maggiore di quella mediamente riscontrata tra tutte le imprese agroalimentari intervistate (per le quali è poco meno del 17%). Anche all’interno del campione delle aziende olearie, per le imprese con grado di dipendenza relativamente più basso questa percentuale risulta più elevata (24%) rispetto a quelle con grado di dipendenza intermedio (19%). L’interpretazione di questo risultato è che le aziende con potere contrattuale elevato, partendo da un prezzo di listino abbastanza alto, possono permettersi di concedere una maggiore percentuale di sconto rispetto a quelle con un potere più basso.

Oltre alle voci di sconto, nella trattativa vengono inserite varie tipologie di contributo. Tra i contributi, quello maggiormente presente nelle contrattazioni delle aziende olearie è rappresentato dai servizi di centrale – si tratta cioè di servizi resi, al di fuori del rapporto esistente tra l’impresa fornitrice e quella distributrice, dalle centrali o supercentrali di acquisto per l’attività organizzativa e amministrazione di contrattazione. Il 77% delle imprese olearie ha dichiarato l’esistenza di tale tipologia di contributo almeno una volta nei contratti stipulati nel 2010, prevalentemente su richiesta dei distributori. Un altro tipo di contribuzione, presente nel 38% dei casi, è quella concessa per accedere alla lista dei fornitori (senza alcuno impegno di mantenimento nel tempo), che assume peraltro una notevole rilevanza: questo contributo risulta sempre obbligatorio durante le contrattazioni, pena la mancata stipula del contratto e, risulta, anche per questo, il più sgradito ai fornitori.

A differenza di quanto si verifica per gli sconti, l’incidenza media sul fatturato dei contributi (12% circa per le imprese olearie) è vicina a quella rilevata per il campione totale (11%). Anche in questo caso, per le imprese ad elevato potere contrattuale i contributi hanno una maggiore incidenza sul fatturato, rispetto a quanto si riscontra per le imprese con un potere contrattuale più basso.

L’esito complessivo delle negoziazioni tra i fornitori e le catene della GDO si traduce nell’abbattimento di quasi un quarto del prezzo di listino del fornitore, sia per le imprese olearie che per il totale delle imprese intervistate, poiché la somma di sconti e contributi raggiunge in entrambi i casi il 24%.

Per verificare in che misura il fornitore e il distributore collaborino nella definizione dei prezzi di vendita, i risultati mostrano una differenza tra le contrattazioni che riguardano le imprese olearie e quelle che interessano il totale delle imprese intervistate: nel primo caso, si assiste ad una maggiore collaborazione tra le parti, mentre nel secondo il potere decisionale spetta prevalentemente al distributore. Le modalità espositive dei prodotti e le iniziative promozionali di taglio prezzo vengono decise, invece, prevalentemente dal distributore.

L’85% dei fornitori di olio d’oliva intervistati realizzano private label, cioè prodotti che vengono venduti con il marchio del distributore. Tra queste imprese, il 64% ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna richiesta di contributo, il 9% ha ricevuto una richiesta pari a quella effettuata per il marchio aziendale, mentre il 27% ha ricevuto una richiesta di minore entità. Infine, in seguito all’introduzione della private label nello scaffale di vendita del distributore, il 30% circa dei fornitori ha dichiarato di aver subito un peggioramento delle condizioni espositive e promozionali e una riduzione del fatturato di vendita del corrispondente prodotto a marchio aziendale.

Infine, sia per le imprese olearie che per il campione totale, le modalità di contrattazione degli sconti e dei contributi (voci, modalità di calcolo, incidenza complessiva, andamento nel tempo di tale incidenza) non sono tali da far presumere una sistematica ed effettiva omogeneità dei comportamenti dei diversi distributori. In particolare, premettendo che il 15% delle imprese olearie ha dichiarato di non essere in grado di confrontare le condizioni negoziate con i diversi operatori, le risposte fornite evidenziano, per gli sconti, una prevalenza di aziende (54-63%) che non ritengono equivalenti le condizioni negoziate con le diverse catene clienti, percentuale che, per i contributi, si attesta al 40-45%.

In conclusione, considerando che per quanto riguarda l’olio d’oliva le imprese presenti nella GDO sono principalmente le maggiori imprese del settore (rappresentate nel campione), le relazioni di fornitura appaiono più equilibrate rispetto a quanto riscontrato in media per il settore alimentare, con una maggiore strutturazione dei contratti e una maggiore collaborazione nella definizione dei prezzi, degli sconti e dei contributi; tuttavia, malgrado ciò, anche in questo settore le relazioni appaiono conflittuali per la presenza di sconti e contributi imposti dal distributore non legati ad una motivazione specifica (sconti incondizionati) o per servizi esterni al rapporto tra fornitore e acquirente (servizi di centrale) o infine per la mera inclusione nella lista dei fornitori. Frequenti, secondo il giudizio degli operatori, anche le modifiche alle voci contrattuali già negoziate, con i rischio concreto di “delisting” e peggioramento delle condizioni future di acquisto in caso di mancata accettazione. Importante è anche la quantificazione dell’incidenza degli sconti e contributi che in un contesto di mercato depresso per l’olio d’oliva si traduce in una significativa compressione dei margini per le imprese produttrici. 

19 Settembre 2022