InnovaInAzione

La Bovina da latte nella zona del Parmigiano Reggiano: innovazione e tradizione per un allevamento sostenibile con prodotti di qualità.

Origine dell'idea innovativa

L’allevamento della bovina da latte, nel comprensorio del Formaggio Parmigiano Reggiano, negli ultimi 50 anni, ha avuto una profonda evoluzione. Dalla razza Reggiana e Olandese si è passati al ceppo Canadese e Americano, tramite una selezione spinta che ha permesso di ottenere animali di grossa taglia con caratteristiche morfologiche idonee alla meccanizzazione degli allevamenti, in particolare: mammelle perfette per l’uso di impianti di mungitura di elevata tecnologia e con elevate produzioni.
Da produzioni medie di 35/40 q di latte per capo, degli anni 70, si è passati a produzioni pro capite di oltre 90/100q negli anni 2.000. Latte che ha mantenuto caratteristiche idonee alla caseificazione in quanto i criteri selettivi hanno tenuto conto del contenuto in grasso e caseina del latte e hanno anche interessato le caseine più idonee alla caseificazione.
Da una alimentazione basata principalmente su produzioni aziendali (erba e fieno integrati da un po’ di mangimi concentrati) si è passati ad una alimentazione completamente opposta dove la produzione aziendale , erba e fieno, costituiscono una parte quasi residuale della razione, formata prevalentemente da mangimi concentrati di provenienza extra aziendali anche per oltre Il 50%.
La carriera dell’animale dagli 8/10 anni di vita degli anni 70 con 6/ 7 parti si è ridotta ai 4 /5 anni di vita con poco più di due parti. L’aspetto morfologico dell’animale sia in lattazione che a fine carriera era caratterizzato da buone masse muscolari che permettevano, in fase di macellazione, un reddito complementare. Attualmente la bovina, negli allevamenti intensivi, si presenta estremamente magra sia in fase di lattazione che in asciutta e a fine della sua breve carriera il reddito derivato dalla macellazione è estremamente ridotto. Anche razioni alimentari così spinte (basate su cereali e soia) non sono in grado di sostenere queste produzioni elevate, l’animale deperisce, le prospettive di vita diminuiscono e nello stesso tempo si ricorre sempre di più all’impiego di medicinali. Inoltre, alla ricerca di sempre più elevate prestazioni produttive, con l’impiego anche di mangimi che bypassano il rumine, si cerca di trasformare questi animali poligastrici in monogastrici, alterando così in maniera innaturale le caratteristiche dell’animale. Animali che proprio per le loro caratteristiche naturali hanno la capacità di trarre energia dall’utilizzo di foraggi ricchi di fibra.

Dall’insieme di queste considerazioni e per cercare di contribuire a creare le premesse per un nuovo allevamento bovino più sostenibile, più rispettoso del benessere animale e dell’ambiente, abbiamo costituito il gruppo operativo “ Lattemilia” finalizzato alla promozione di una zootecnia bovina da latte sostenibile e con giustificabilità sociale, ottimizzando l’alimentazione e la gestione dell’allevamento, sviluppando nuovi prodotti dietetici e salutistici.

Descrizione innovazione

All’origine di questa nuova esperienza d’innovazione vi è l’eccesso produttivo di latte da più parti avvertito nel Comprensorio del Parmigiano Reggiano, da cui nasce la volontà di trovare altre strade per valorizzare parte del latte di gran qualità che da origine al Re dei Formaggi, e la scarsa redditività che oggi trovano alcuni prodotti secondari della sua lavorazione, come il latticello, originato dalle sue panne impiegate nella produzione del burro.
Assieme ad un selezionato gruppo di aziende agricole e all’apporto scientifico di università e centri di ricerca, LattEmilia lavora per proporre una linea di prodotti caseari fatti col latte della filiera del Parmigiano Reggiano, munto da bovine nutrite con alimenti sani e non spinte all’iperproduzione ma, anzi, portate a produrre meno della media per migliorare il benessere dell’animale e la qualità del latte. L’obiettivo, attraverso ricette provate e riprovate dal laboratorio al caseificio, è produrre una linea di caciotte, ricotte, formaggi a pasta dura e molle di altissima qualità e con esclusive caratteristiche organolettiche e salutistiche.

Siamo partiti da cinque aziende agricole diverse per dimensioni della mandria, tipologia di alimentazione e produttività nelle quali i ricercatori hanno effettuato rilievi e raccolto campioni per valutare lo stato di benessere delle bovine in termini di stress, produzione, parti e longevità. I dati, analizzati dalle università e centri specializzati coinvolti nel progetto, sono stati la base dello studio di una razione alimentare equilibrata, pensata in modo da essere più corrispondente alla fisiologia ruminale delle bovine, oggi spesso nutrite con l’unico obiettivo di massimizzarne la produzione.

In particolare,  le caseificazioni, iniziate a livello sperimentale nel laboratorio dell’Università di Bologna, sono state più volte replicate in scala reale presso un noto caseificio della montagna reggiana, e dopo molti tentativi durante i quali abbiamo studiato la miglior composizione in termini di latte, panne e latticello, siamo arrivati ad ottenere, una caciotta ed una ricotta prodotta dal suo siero che, a giudizio dei casari e dei clienti dello spaccio aziendale, temono pochi rivali in termini di qualità e gusto. Questi 2 prodotti hanno mostrato di possedere le caratteristiche che le ipotesi di partenza suggerivano si potessero ottenere.
Le analisi in laboratorio ne confermano la qualità superiore alla media, i test sensoriali le elevate caratteristiche organolettiche, i semplici assaggi la bontà. L’inclusione di latticello consente l’ottenimento di prodotti (caciotta e ricotta) a più alto contenuto in fosfolipidi e vitamina A. Il reimpiego di latticello in caseificio si è dimostrato una pratica possibile e favorevole, non solo in termini di resa casearia:infatti, nei prodotti ottenuti, e tra questi in particolare nella ricotta, si è osservato un positivo incremento delle qualità nutrizionali.

Per quanto concerne il benessere degli animali, le aziende sono state valutate attraverso un sistema basato sull’IBA (Indice di Benessere dell’Allevamento), una metodologia di valutazione con misurazioni indirette relative alle strutture d’allevamento e agli aspetti gestionali e con misurazioni dirette sugli animali. Le misurazioni indirette utilizzate sono state le seguenti: caratteristiche costruttive della stalla, tipo di stabulazione, superfici di stabulazione, parametri dimensionali delle cuccette e delle corse di stabulazione, pavimentazioni e materiali da lettiera, sistemi di somministrazione dell’alimento e dell’acqua di bevanda, ventilazione naturale, polverosità e presenza di gas nocivi, sistemi di soccorso estivo contro il caldo, presenza di aree di esercizio esterne, caratteristiche della zona premungitura. Le misurazioni dirette sugli animali sono state le seguenti: stato di imbrattamento corporeo, lameness score, alterazioni del tegumento, colpi di tosse, scoli nasali, oculari e vulvari, respirazione difficoltosa, locomotion score, diarrea e test di avvicinamento.
Il sistema è stato implementato, prendendo in considerazione altri aspetti, quali alcuni indici di efficienza riproduttiva e longevità, il numero di cellule somatiche per singola vacca e alcuni indicatori sugli animali, come il tempo necessario per coricarsi.
La nuova metodologia messa a punto ha previsto l’attribuzione di un punteggio totale (detto indice) e una classe di merito a un singolo allevamento. L’indice, a sua volta, è una sommatoria di punteggi assegnati ai singoli parametri valutati. Il valore dell’indice posiziona l’azienda in uno dei 6 livelli prestabiliti di benessere animale (classe). Dopo l’assegnazione dei punteggi e delle classi, il sistema di valutazione individua i punti critici, i quali possono riguardare sia aspetti generali e gestionali, sia diversi edifici e categorie bovine, e gli interventi migliorativi in relazione alle criticità evidenziate.

Per trovare, invece una tecnologia idonea per il confezionamento delle ricotte, dopo diverse tecnologie non soddisfacenti si è sperimentato un trattamento innovativo, non termico e post confezionamento, detto HPP dall’inglese High Pressure Processing. Questo processo utilizza alte pressioni idrostatiche (fino 6000 bar) per pastorizzare a freddo gli alimenti. L’efficacia di questo trattamento sta nella pressione che, raggiungendo livelli così alti, è in grado di rompere la membrana cellulare dei microrganismi patogeni e alterativi presenti nei prodotti, rendendo dunque l’alimento sicuro ed esportabile anche in mercati dove le norme di igiene sono più severe e restrittive. Al contempo, il processo non altera il contenuto nutrizionale o la freschezza del prodotto, poiché non agisce sui legami di tali molecole, ma esclusivamente su quelli ionici. Il risultato è dunque che il prodotto rimane uguale dal punto di vista qualitativo, superando gli svantaggi dei classici trattamenti termici, ma con una shelf life molto più estesa (fino a 10 volte) grazie all’abbattimento microbiologico che l’HPP assicura. Il trattamento ad alta pressione sperimentato è risultato promettente sulle ricotte: è in grado di triplicare la shelf life rispetto alle ricotte in atmosfera modificata, inibendo lo sviluppo di microrganismi e rallentando i fenomeni chimici ed enzimatici.

Benefici dell'Innovazione

La nuova dieta è stata utile per dimostrare che la redditività dell’allevamento può essere garantita anche da animali che producono meno, ma che si ammalano anche meno vivendo e partorendo più a lungo.
Il latte proveniente da campioni di animali nutriti con la nuova razione è stato utilizzato, assieme al latticello, per la produzione dei formaggi, ai quali ha trasferito le sue qualità salutistiche e organolettiche.
I prodotti ottenuti possono costituire una valida alternativa per l’impiego delle eccedenze di latte destinato alla produzione di Parmigiano-Reggiano, valorizzando allo stesso tempo un sottoprodotto dalle ottime caratteristiche nutrizionali, come il latticello.

La sperimentazione sulla la fase di allevamento, ha mostrato alcune interessanti indicazioni: la riduzione fino al 20% dei mangimi concentrati non ha modificato la quantità di latte prodotto, e solo marginalmente la sua composizione; ne hanno tratto beneficio alcuni parametri “vitali” delle bovine, direttamente legati alla fertilità.
Il monitoraggio delle strutture di allevamento e delle condizioni di benessere delle bovine, condotto secondo un protocollo appositamente realizzato e implementato nelle cinque aziende del gruppo operativo, ha consentito di evidenziare alcuni punti critici, prontamente comunicati agli allevatori e in buona parte dagli stessi risolti.

Le prove fatte sul il packaging della ricotta hanno fatto emergere interessanti applicazioni dalla tecnologia proposta ad alta pressione (HPP). Sperimentata presso i laboratori universitari di Parma, essa ha mostrato di essere in grado di prolungare la shelf-life di un prodotto tradizionalmente a breve scadenza come la ricotta salvaguardandone gusto e qualità; l’analisi microbiologica ha confermato l’efficacia del metodo e suggerito che esiste la possibilità di collocare a banco frigo un prodotto di qualità superiore, paragonabile alle ricotte proposte al banco dei latticini freschi.

Trasferibilità/replicabilità dell'innovazione

Le tecnologie proposte e sperimentate sono facilmente trasferibili nelle realtà degli allevamenti e dei caseifici, permettendo loro di diversificare l’offerta con nuovi prodotti lattiero caseari ad alto valore aggiunto.